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Perchè il Coaching

Da quando ho iniziato a studiare il Coaching, invece che semplicemente ad applicare la tecnica del coaching, ho avuto modo di entrare in contatto con quello che è il mondo degli psicologi. O meglio: ho conosciuto quello che il mondo degli psicologi pensa del Coaching; nient’affatto edificante, tutto proteso a “proteggere un territorio” di operatività, più che a comprendere.

Salvo, poi, a scoprire che molti laureati in psicologia scelgono di seguire anche percorsi per apprendere la tecnica e la filosofia del Coaching.

Infine, ho scoperto che alcuni modelli di Coaching sono stati creati proprio da terapeuti: uno per tutti, il metodo cui si rifà la scuola in cui ho studiato: il modello Strategico-Esperienziale ispirato alla scuola di terapia breve strategica di Arezzo del Professor Giorgio Nardone.

Una delle obiezioni che ho condiviso, perché è stata una domanda che mi sono posta da subito, è quella che ritiene che un Coach non può far andare il suo Coachee oltre le proprie capacità e le proprie conoscenze (purtroppo all’epoca non ho salvato l’articolo che ne parlava e non posso richiamarlo).

In effetti, questa obiezione ha il suo fondamento finché si rimane ancorati alla tecnica e non si approfondisce la filosofia alla base del Coaching. Andando avanti con studio e sperimentazione, ho compreso appieno la potenza della Maieutica che ne è alla base. Infatti, solo rimanendo fedeli alla filosofia del Coaching di sostenere il Coachee nella scoperta delle proprie risorse, si può evitare il rischio di portarlo solo per vie conosciute e personalmente sperimentate; con la conseguenza che potrebbero essere inadatte a lui, insufficienti e atte a tarpare le sue evoluzioni, eccessive per le sue doti e i suoi talenti.

Lo spirito del Coaching, infatti, come rispecchiato nel profilo definito dall’associazione AICP, cui appartengo, prevede un saper fare tale che il Coach sia capace di

“Stimolare nel coachee l’apprendimento e la consapevolezza”

“Elaborare piani di azione tenendo conto di ostacoli e alleati”

“Promuovere l’autonomia del Coachee”

“Stimolare il Coachee all’azione ed ai risultati”

Infatti, è attraverso l’azione e la riflessione sulla realizzazione stessa del processo che il Coachee ha la possibilità di esplorare e scoprire sé stesso, le sue potenzialità e i suoi talenti. Questo permette al Coachee di evolvere sulle proprie risorse e non sull’esperienza del Coach.

Per questo il Coaching è un intervento di processo: ti insegno come procedere e diventare indipendente dal Coach; ti insegno quali sono le domande da porti per valutare se la strada intrapresa è la più efficace.

Ovviamente questo non impedisce che si ritorni a fare dei Pit-Stop col proprio Coach, se il rapporto costruito è stato davvero di supporto, rispetto e apprezzamento dell’individualità del Coachee.

Il Coach non solo non può dare risposte e verità; l’essenza del suo operato è quello di mettere nella mani del Coachee gli strumenti con atteggiamento socratico del “sapere di non sapere”, così da lasciare che il Coachee scopra da sé:

  • Se gli obiettivi che si è posto sono quelli giusti per lui
  • Strade che mai avrebbe immaginato di poter intraprendere
  • Scoprire strade nuove che mai avrebbe pensato esistessero
  • Costruire nuove strade

Questo è importante perché se è vero che non si può diventare tutto ciò che si vuole perché ci sono anche condizioni di contesto, di risorse che non rendono ogni progetto realizzabile; E’ anche vero che il desiderio di evolvere non può essere mortificato dalle decisioni altrui. Le aspirazioni, le ambizioni, gli obiettivi desiderati sono lo strumento che l’uomo ha per darsi alla vita: scoprire esattamente chi si è e quale valore aggiunto si porta con sé. Questo presuppone una guida che abbia la profonda consapevolezza della potenzialità di ogni essere umano e che spesso questa è sepolta sotto le convenzioni dell’ambiente, le aspettative degli altri, le condizioni del contesto socio-economico e tutto ciò che è al di fuori dell’individuo e lo definisce, lo inquadra, lo bollina senza alcuna capacità di ascoltarlo e valorizzarlo per quello che è.

Questo discorso vale in un contesto sociale quanto in quello professionale.

Il coaching è una metodologia di sviluppo delle competenze ma anche e soprattutto un modo di approcciarsi alla vita e alle relazioni; dove per relazioni si intendono quelle con gli altri ma anche quella con la vita e sé stessi.

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