Quando si persegue un obiettivo, un elemento fondamentale del processo è l’importanza di riconoscere i motivi piu intimi, profondi e personali che muovono il nostro agire. Per lo più, di valori e principi, si parla a catechismo o nelle riunioni religiose, richiamando i valori dettate da esse; che poi vanno puntualmente nel dimenticatoio, schiacciati sotto il tram tram e le urgenze quotidiane.
La consapevolezza di cosa ci muove aiuta a comprendere dove si è e se questo luogo (metaforicamente e non) fa ancora per noi.
Da qui, in poi, si può lavorare sulle decisioni da prendere, sul recuperare la cosiddetta “Crisi di governo”(di sé stessi, ovviamente) e fare nuove scelte.
In realtà, il focus su valori, pensieri e visioni di noi stessi e del mondo serve a riconoscere in che maniera guardiamo al mondo e quanto questa visione condizioni le scelte, i comportamenti e i risultati ottenuti.
Questo approccio, se mal presentato, può far pensare che ciascuno di noi non abbia bisogno di considerare gli altri e il loro ruolo nella nostra vita; né il contesto e le situazioni in cui ci troviamo.
Esso non significa ignorare e ritenersi superiori rispetto all’apprezzamento degli altri. Né prescindere dal considerare la presenza e le relazioni con gli altri. Infatti, questa impostazione, negherebbe uno dei bisogni fondamentali dell’individuo, ossia il bisogno di riconoscimento e apprezzamento nella propria individualità.
Ancor di più, negherebbe che ( anche liberandosi delle proprie sovrastrutture) possano esistere delle condizioni che ci impediscono di andare verso le nostre situazioni ideali, costituendo ostacoli o vincoli, a volte difficili da eliminare o eliminabili con dei costi altissimi per sé e per gli altri.
Uno scenario del genere può creare ancor più frustrazione e senso di impotenza, aumentando l’idea che nessun obiettivo diverso dallo stato attuale sia perseguibile.
Cosa si fa quando ci si sente in una simile condizione?
Si va avanti per la propria strada perché è l’unica cosa che vale per noi, ignorando il resto?
Ci si arrende e si rinuncia ad ogni obiettivo di miglioramento, per il “bene di chi ci sta accanto” o per la sua influenza?
Si ricomincia d’accapo. Si ripercorre la strada, scavando ancora di più nelle emozioni, nei pensieri, nelle visioni. Si riflette con più attenzione sulle reali conseguenze di ogni nostro gesto o scelta. Si comprende sempre meglio il contesto e si impara a riconoscersi sempre meglio nel proprio ruolo effettivo.
Il vantaggio di questo è che siamo obbligati a rallentare: non possiamo correre più con la mente alla cosa successiva da fare, all’impegno da rincorrere, all’agenda da riprogrammare. Siamo obbligati a fermare la mente, ovunque ci troviamo (mentre andiamo in auto all’appuntamento successivo o a casa, mentre facciamo la spesa, mentre facciamo i nostri esercizi in palestra) e a fissare tutto quello che abbiamo fatto fino a quel momento dalla mattina, quando ci siamo alzati.
Siamo obbligati, in un certo senso, a fare la “to do list” al contrario.
FATTO, FATTO, FATTO, FATTO, non fatto, non fatto, FATTO, etc…
Ma (starete pensando), man mano che la lista si compone, la mente va a sottolineare il “non fatto”. Essi giustificano gli ostacoli e gli impedimenti che vediamo, enormi e insormontabili davanti a noi.
E se provassi a cambiare tattica? Prova a dirti Grazie per ogni “FATTO” della lista.
La tua mente comincerà a godere della soddisfazione che dà realizzare piccoli pezzi di sè.
Dal “sono brava/o ad arrivare puntuale a lavoro nonostante dover portare i figli a scuola”
al “ il capo ha apprezzato la mia idea e l‘ha approvata”
al “sono arrivata/o a fine giornata senza litigare con il/la mi* compagn*”
a “che brava/o non ho risposto male a quel collega/vicino di casa/cliente…che si comporta sempre male”.
E ogni passo costa fatica e impegno. Niente è facile. Niente è gratis. Niente ci viene regalato. Ogni scelta richiede una rinuncia a qualcos’altro.
Questa tattica aumenta il senso di potenza, la certezza di poter agire positivamente per sé stessi e questo aumenta la fiducia e la capacità di pensare/creare nuovi comportamenti.
Dire Grazie a sé stessi, usare gentilezza innanzitutto con sé stessi, aumenta il senso di accoglienza, di amore verso sé stessi.
Attraverso questa strada la mente si predispone alla creazione, a vedere quello che non si sarebbe mai potuto vedere se schiacciati dallo stress della quotidianità, dai rimproveri, dal biasimo (innanzitutto nostri verso noi stessi e poi degli altri).
Imparare a riconoscere e a dire Grazie, innanzitutto, a sé stessi per ciò che si è ; iniziare la giornata ricordando e ringraziando per tutto quello che si fa e si è . La Gratitudine e la Gentilezza parte da noi stessi nei nostri confronti. E così si propaga intorno a noi.
Imparare a prendere il tempo ogni tanto di fermarsi a fare il punto della situazione o solo per riposare, prendendo l’occasione per dirsi Grazie.
Raccogliersi in un momento di intimità solo nostro, per godere dei risultati ottenuti.
Un momento in cui godersi l’intima soddisfazione di procedere.
Un momento in cui staccare dagli sforzi e dall’impegno per concedersi una pausa di puro ozio.
Un momento in cui staccare e dedicarsi ad una attività che ci permetta di recuperare le energie mentali per continuare nel percorso.
Fermati e …
PENSA
RIFLETTI
MEDITA
CREA
AMA