Il termine stress indica, secondo il vocabolario Treccani:
“sostantivo inglese [propr. «sforzo»: dal fr. ant. estrece «strettezza, oppressione» (der. del lat. strictus «stretto»), e insieme aferesi di distress «angoscia, dolore»], usato in italiano al maschile
- In fisica e nella tecnica, sinonimo di sforzo nell’interno di un punto di un corpo elastico;
- a. Nel linguaggio medico, la risposta funzionale con cui l’organismo reagisce a uno stimolo più o meno violento (stressor) di qualsiasi natura (microbica, tossica, traumatica, termica, emozionale,
fra i quali predomina l’intensa attività secretoria della corteccia surrenale.
2b. Nell’uso corrente, tensione nervosa, logorio, affaticamento psicofisico.”
Si parla di risposta ad uno stimolo, tensione, logorio e affaticamento.
Questa risposta, nell’essere umano, coinvolge la produzione di ormoni e neurotrasmettitori che determinano una certa situazione di “allerta” della mente e del fisico.
Contestualizzando questa teoria nel vissuto dell’attività di retail, grande distribuzione e vendita, possiamo chiederci se essere in uno stato di allerta è negativo?
La scienza ci dice che le emozioni che creano delle situazioni di allerta, come timore, paura, fastidio, rabbia, ci permettono di difenderci da un pericolo per la nostra incolumità.
Queste situazioni hanno anche effetti diversi in relazione all’intensità.
Proviamo a pensare allo stress alla luce dell’intensità dell’emozione che lo crea. Infatti, le sollecitazioni esterne che provocano stress, possono essere le più diverse durante una normale giornata in negozio.
Possiamo avere timore che accada qualcosa di brutto con il capo o con i colleghi a causa di un diverbio o un disaccordo; possiamo trovarci a sopportare una situazione spiacevole per un tempo prolungato a causa di una o più attività che non amiamo; possiamo trovarci a vivere una situazione piacevole e divertente in cui non ci sentiamo a nostro agio perché non ci appartiene, possiamo trovarci a vivere una situazione piacevole e/o di successo in cui non teniamo conto fino in fondo dello stato d’animo altrui e/o involontariamente ci attira le invidie dei colleghi, etc…
La situazione di stress, quindi di sollecitazione fisica ed emotiva, fintanto che l’intensità e la durata sono tali da creare una situazione di attenzione e allerta, fa si che siamo più attenti, reattivi e pronti a fare ciò che è necessario per proteggerci, difenderci, raggiungere lo scopo. Questo vuol dire, semplicemente, che un cambiamento e/o vivere una attività lavorativa che abbia breve durata sono supportati e aiutati da una situazione di vigilanza, grazie allo stress, perchè mantiene alta l’attenzione e focalizza le energie.
Lo stress, quindi, resta una condizione utile fintanto che permette alle nostre capacità cognitive di operare ed elaborare comportamenti e scelte funzionali ai nostri interessi e all’obiettivo che ci siamo posti. In questi casi si usa il termine EUSTRESS.
Lo stress diventa pericoloso e dannoso quando si trasforma in Burn out, ossia quando “brucia” la lucidità mentale e da spazio a comportamenti e pensieri difensivi. Lo stress diventa pericoloso quando mortifica la creatività e la capacità di vedere alternative, immaginare scenari diversi, essere ottimisti e contributivi alle situazioni che viviamo in azienda.
Questo impedisce di interrompere la situazione e porta a comportamenti automatici, che non fanno che peggiorare lo stato, entrando in situazioni ancora più difficili che creano emozioni di sconforto, frustrazione, rabbia, disperazione e tristezza.
Quali sono le soluzioni per interrompere questo circolo vizioso che può portare anche a rinunciare a situazioni personali e lavori che amavamo fino a poco tempo prima?
Da coach, porrei alcune domande:
1 siamo disposti a mettere in discussione i nostri comportamenti?
2 siamo in grado di fare un passo indietro per vedere la situazione dall’esterno, per analizzarla con maggiore lucidità?
3 siamo disposti ad approfondire la conoscenza dei nostri valori, per capire davvero dove vogliamo andare nella nostra vita?
4 siamo in grado di assumere un atteggiamento mentale che ci apra davvero a situazioni alternative, che potenzialmente, potrebbero portarci a metterci alla prova per apprendere nuove cose su noi stessi; ma anche su come fare le cose diversamente dalle abitudini. Una mentalità nuova, possibilista verso idee diverse, che ci permetta di vedere le cose in maniera nuova e curare i nostri pensieri.
Questo atteggiamento di apertura ci permette di concederci nuove possibilità, potrà permetterci di comprendere meglio gli stimoli esterni che ci sottopongono a stress per vederli in una luce diversa e riuscire ad eliminarli (se provocati unicamente da una nostra interpretazione e/o sensazione, piuttosto che supportati da comportamenti concreti) o a rapportarci ad essi in maniera più funzionale, così da non avere la sensazione che si pretenda da noi più di quello che vogliamo o possiamo dare.
Questo aprirci a visioni differenti, a nuovi apprendimenti influirà sui nostri pensieri e, quindi, sulla attitudine a sentirsi pressati e stressati.
In conclusione, l’evoluzione di atteggiamento mentale e comportamentale cui ci espone una situazione di stress può solo essere una opportunità di evoluzione che ci permetta di prendere decisioni più opportune per noi stessi, semprechè non ci lasciamo subire dalle situazioni ma accettiamo e assumiamo la parte di responsabilità che ci compete.
In questa prospettiva, lo stress assume un ruolo di rinnovamento per se stessi e per le situazioni che viviamo, laddove l’intensità e la durata sia tale da mettere in crisi gli scenari esistenti.
Laddove l’intensità sia contenuta e limitata nel tempo, potrà essere solo una leva utile e funzionale al nostro successo.
Mi farebbe piacere che lasciassi il tuo parere e un tuo commento a questo articolo, per permettermi di ampliare questa analisi, quanto a situazioni, percezioni ed esperienze concrete.
Grazie in anticipo
Thank you very much! you are very kind. I talk only about what i know: The retail